Descrizione
La breve antologia di Grazia Deledda, dal titolo “Ma io non vedevo quella luna”, è un viaggio fra le storie narrate nei suoi romanzi, un viaggio che, attraverso le vicende, i pensieri, le passioni, i tormenti, i conflitti dei personaggi, porta ad esplorare gli aspetti più oscuri e profondi dell’animo umano, che trovano nella selvaggia, antica, indomita natura sarda, emblema della vera, primordiale, natura dell’uomo, il loro specchio più intenso. Fra le sue pagine, il lettore può trovare parte di se stesso, ricordare determinati sentimenti, in taluni casi addirittura comprendere meglio i meccanismi, sfuggenti e misteriosi, che regolano le relazioni umane. Il primo capitolo, Sulla giustizia, apre il viaggio attraverso tradimenti, morte, falsità, giudizio superficiale, perdono, amore che giustifica se stesso, giustizia umana e divina che si scontrano, in un inno alla vita che esplode nel romanzo ivi riassunto e commentato.
Segue il capitolo Sulla speranza, che vede intrecciarsi le storie dei protagonisti di due romanzi: Cristiano, uomo dal passato misterioso e in fuga dalla vita, e Maria Baldi, donna non più giovane, apparentemente morta alla vita anch’essa. Entrambi ritroveranno la speranza grazie ad un amore inaspettato e illusorio. Ed il tema dell’amore è il fulcro del terzo, del quarto, e del quinto capitolo: amore ed errore; amore e innamoramento; amore e verità. Amore, unica forza che concede il dono dell’eternità. Il tema della volontà umana e dello scontro fra questa e quella che viene interpretata come volontà divina, che spesso è istinto e ci sembra volontà, spesso è ostinazione e ci sembra volontà, attraversa il sesto capitolo. Ed, infine, il settimo ed ultimo capitolo, Sull’esser madri, padri e figli, percorre il difficile rapporto dei protagonisti con i genitori e con la famiglia, radice primigenia del nostro essere, da cui è necessario ergersi ed elevarsi per trovare ed affermare se stessi: meta ed al contempo punto di partenza. Il viaggio si svolge sotto la costante, talvolta impercettibile luce della luna, che per Grazia Deledda è la pupilla d’oro nel cielo azzurro che pare l’occhio stesso di Dio. I protagonisti non sempre la vedono: ma essa non abbandona il suo posto nel cielo, a significare che anche nel buio più intenso, anche per lo sguardo più cieco, vi sarà sempre, da qualche parte, una luce a rischiarare la strada.
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