L’identità come valore aggregante, come tensione politica al congiungersi in un’idea collettiva: un coro plurale di autodeterminazione e riscatto, ma soprattutto un fondamento di coesione e di contestuale liberazione, per un superamento del pensiero uniforme e subalterno. Su questi pilastri si sviluppa il pensiero politico di Gianfranco Pinna, uno degli intellettuali sardisti più impegnati nella prospettiva di un agire identitario corale. Giornalista, scrittore, editore e politico, Pinna ha rappresentato la voce della militanza, lo spirito costruttivo dell’indipendentismo, la grande rivoluzione di una Sardegna disposta a lottare per un orizzonte libero da condizionamenti e da sottomissioni.
Nato a Sassari il 14 gennaio del 1944, trascorre l’infanzia in città, dove si iscrive al liceo classico Canopoleno, per poi portare a termine gli studi a Roma, e successivamente iniziare il suo percorso nella Facoltà di Medicina dell’Università di Sassari.
L’intensa vitalità politica di quegli anni attrae Pinna fino all’abbandono degli studi universitari, per dedicarsi appieno alla militanza nelle aree politiche della sinistra. Tuttavia, sarà l’imbattersi nelle idee di Antonio Simon Mossa, il padre del neosardismo, a determinare la sua grande svolta politica, nel segno dell’agire e del militare. Per Pinna, infatti, da quel momento in poi inizia la frequentazione del mondo dell’indipendentismo sardo e dei suoi esponenti più significativi, su tutti il neo-sardista Giampiero Marras-Meloni, più noto come Zampa, col quale nasce una profonda e lunga amicizia.
Ma per capire meglio il percorso culturale di Pinna occorre inquadrare con chiarezza il contesto sociopolitico sardo degli anni Settanta. Nello specifico parliamo infatti di un’isola attraversata da una fase di cambiamenti epocali, mutamenti che trasformano il tessuto sociale ed economico in modo rapido e feroce, producendo dei contraccolpi culturali spesso insanabili. Da Isola povera e di periferia la Sardegna viene proiettata improvvisamente nei mercati internazionali legati all’industria chimica e petrolchimica, ovvero settori fino ad allora lontani dalle vocazioni più rappresentative delle comunità.
Il Piano di Rinascita, la progressiva militarizzazione dei territori, il dominio dei magnati del turismo, il fallimento delle politiche di sviluppo, sono tutti capitoli dolorosissimi per il popolo sardo, mine che esplodono sugli equilibri antropologici di un’isola in via di spopolamento. Si assiste quindi ad una silenziosa devastazione che sottrae terra e speranza a paesi e campagne, favorendo lo sfruttamento del capitalismo, il diffondersi di nuove malattie e, non ultimo, la soppressione della lingua.
In questo scenario Gianfranco Pinna si circonda delle migliori menti del panorama intellettuale sardo, e inizia passo dopo passo il suo lungo cammino editoriale. Nel novembre del 1976 è promotore del “numero zero” della rivista Sardigna, mensile indipendentista diretto da Gianfranco Pintore. Tra le firme compaiono autori come Carlo Cassola, Bustianu Dessanay, Ugo Dessy.
Nel maggio del 1977, invece, è la volta del periodico Alfa-Sardigna, ovvero l’embrione che darà vita al successivo e definitivo Sa Republica Sarda, fondata nel luglio del 1977 con la concessione della firma di Gustavo Buratti.
Il periodico divenne subito un punto di riferimento nello scenario culturale identitario, con la pubblicazione di un numero sterminato di documenti, relazioni, inchieste e interviste riguardanti le istanze più nodali del tempo. A guidare l’agenda sono diversi temi: l’autodeterminazione, la nazionalità, le “lingue tagliate”, nonché diversi dossier relativi alla tutela e valorizzazione della lingua e cultura sarda, con particolare attenzione verso gli ambiti sociali, politici, economici e culturali emarginati.
A sostenere questo progetto, un anno prima, nel 1976, è la fondazione di Alfa Editrice, tra le prima case editrici che pubblica opere a carattere identitario, in lingua italiana, in lingua sarda o in formato bilingue. L’obiettivo è quello di creare una coscienza nazionale sarda e soprattutto indipendentista, un sentimento capace di far coesistere diverse sensibilità culturali in un unico alveo editoriale.
In questa nuova attraversata Pinna è affiancato da nomi come Michele Columbu, Francesco Masala, Ugo Dessy, Eliseo Spiga. E ancora: Gianfranco Contu, Giovanni Lilliu, Armandino Corona, Giannino Guiso, Mauro Mellini, Antonello Satta, Angelo Caria, Fernando Pilia, Bettino Craxi, Carlo Cassola.
Gridare, denunciare, informare, sono sempre state queste le spinte morali del fondatore di Alfa Editrice, che accanto all’intensa attività editoriale di fine anni Settanta porta avanti senza esitazioni l’impegno politico e lo spirito militante.
Nel 1982, con Angelo Caria, Giampiero Marras e Bore Ventroni promuove a a Bauladu la riunione di tutte le organizzazioni politico-culturali anticolonialiste, nazionalitarie e indipendentiste: un’assise dalla quale scaturirono i presupposti per la nascita, nello stesso anno, a Nuoro, nei locali della Biblioteca Satta, del Movimento politico Sardinna e Libertade. A presiedere l’assemblea del congresso costitutivo vennero chiamati Fabrizio De André, Simone De Beauvoir e Ugo Dessy. L’attività del movimento fu poi scandita nello stesso anno da numerose manifestazioni contro la persecuzione degli anticolonialisti e la repressione delle idee indipendentiste.
Ma il percorso di Pinna prosegue su più fronti. Da mecenate dell’editoria promuove la nascita di numerosi altri periodici indipendentisti, fra i quali Sardinna e Libertade, organo mensile dell’omonimo movimento.
In ognuna di queste esperienze emerge, ancora una volta, la spiccata indipendenza dei contenuti, che soprattutto con Sa Republica trova la sua più alta espressione politica. Un giornalismo critico, capace di aprire nuove traiettorie di riflessione, e forse anche per questo osteggiato dal sistema.
Contestualmente a Sa Republica si affianca anche la realizzazione delle prime collane di approfondimento editoriale. Fra queste spicca certamente “La Biblioteca dell’Identità”, del 1987, dove entrano opere come Storia del teatro sardo, Storia dell’acqua in Sardegna e S’Istoria, di Francesco Masala. Ma non solo. Tra i titoli più in vista anche “La questione nazionale sarda” di Gianfranco Contu, “Federalismo, autonomie e nazionalità” di Alberto Contu, il saggio di Salvatore Fiori “Dal fascismo alla prima Democrazia Cristiana”, nonché “I nomi locali di Arzana, Urzulei e Villagrande Strisaili” di Gianfranco Manos. Il 1989 vede poi l’uscita di una importante collana sulle opere di Ugo Dessy, autore cardine dei progetti editoriali di Alfa Editrice.
Cambia il decennio, ma non l’impegno, e con gli inizi degli anni Novanta Sa Republica diventa la voce critica del terremoto politico di “Mani Pulite”. Pinna entra in contatto con il simbolo di quella stagione, l’ex leader socialista Bettino Craxi, e denuncia in modo netto e coraggioso l’accanimento spregiudicato e persecutorio della magistratura.
Nasce così una battaglia di opposizione che si trasforma in numerose iniziative pubbliche, con la costituzione, nel febbraio del 1997, dei Comitati pro-Craxi. Un’onda che attira a sé diversi consensi, e non solo da parte di alcuni esponenti politici ma anche da parte di larghe fette di opinione pubblica. In poco tempo l’attività dei comitati si afferma nell’isola in maniera capillare, suscitando plausi ma anche momenti di forte polemica, uno su tutti, il 2 giugno del 1997, in occasione del 115° anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, quando un banchetto dei Comitati pro-Craxi, allestito nella piazzetta Rossa a La Maddalena, fu incivilmente boicottato e ne fu impedita la raccolta delle firme.
Pochi mesi più tardi, nel luglio 1998, Pinna è nuovamente in prima linea a Cagliari, insieme a Tiziana Parenti e Luca Josi, per presentare la Lega per la democrazia. Sicuramente non un partito, né un movimento politico-elettorale, ma piuttosto un soggetto di denuncia contro i caratteri fatiscenti della Seconda Repubblica, con l’obiettivo di ristabilire la verità dei fatti, informare e contro-informare sulla reale condizione delle vicende politiche. Più di tutto: spezzare il vincolo perverso tra fazioni politiche, fazioni giudiziarie e fazioni dell’informazione, ovvero il nucleo caldo del sisma sociale vissuto dall’Italia in quegli anni.
Sempre in quello stesso periodo, parallelamente all’attività della Lega per la Democrazia, il numero uno di Sa Republica si fa promotore con un gruppo di militanti socialisti, libertari e nazionalisti di una manifestazione non violenta contro l’abolizione della quota proporzionale promossa dall’ex PM Antonio Di Pietro. Emblematico lo slogan ideato in quell’occasione: “Maggioritario po is meris, proporzionale po su populu”. In tutte queste vicende, la figura di Gianfranco Pinna emerge sempre nel suo doppio carattere, quello dell’attivista politico e quello dell’uomo di cultura. Un connubio che lo caratterizza in ogni sua espressione, e che lo mette in opposizione critica rispetto alla logica del pensiero unico. Il tutto, in nome di un sardismo interpretato come autonomismo universale e come socialismo rivoluzionario mondiale.
Dopo le grandi battaglie degli anni Novanta, l’ultimo approdo editoriale è quello della rivista Sardinna – cultura e identitade, un progetto in lingua sarda contrassegnato da firme prestigiose come Franziscu Casula, Placido Cherchi, Micheli Columbu, Alberto e Gianfranco Contu, Armandino Corona, Francesco Cossiga, Ugo Dessy, Giovanni Lilliu, Antonangelo Liori, Giampiero Marras, Franziscu Masala, Mario Melis, Efis Pilleri, Zuanne Franziscu Pintore, Massimu Pittau, Matteu Porru, Mariu Puddu, Efis Serrenti, Nardu Sole, Eliseu Spiga, Mariu Vargiu.
Sardinna diventa la sintesi perfetta di tutti gli ideali propri dell’uomo e del militante Gianfranco Pinna, con un’attenzione orientata anche oltre l’isola, verso quei grandi eventi che tra fine anni Novanta e inizi Duemila stavano segnando il cambiamento geo-politico del mondo intero, uno su tutti l’11 settembre.
Tra i progetti portati avanti poco prima della sua morte, avvenuta nel 2003, il fondatore di Sa Republica ebbe modo di avviare la collana S’Iscola, una raccolta delle fiabe tradizionali della Sardegna, che tuttavia non vedrà mai realizzata, ma che nella sua missione culturale conteneva il sogno di una grande opera di recupero del patrimonio etnografico dell’Isola, il tentativo di unire la memoria degli anziani con la consapevolezza delle nuove generazioni. Un mosaico fatto di storia, identità e futuro.