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Mellini Mauro

Attivista, avvocato, saggista, politico, ma soprattutto tra i fondatori del Partito Radicale, pur con delle posizioni di forte distinzione interna. Mauro Mellini è stato questo: l’anima e l’ispiratore di alcune fra le più importanti battaglie sui diritti civili e sulle garanzie giudiziarie. 

Nato a Civitavecchia nel 1927, negli anni Sessanta ha debuttato come dirigente politico nel Partito Radicale dopo la “rifondazione” ad opera del gruppo della sinistra nel 1963. 

Fin dall’inizio del suo percorso politico Mellini ha espresso una personalità culturalmente dinamica, aperta su più fronti: giurista e intellettuale sofisticato (del resto come molti degli esponenti radicali che accompagnavano Marco Pannella), è stato soprattutto ideatore e organizzatore di campagne di successo, fra le quali non si può non ricordare la principale, quella sul divorzio, che con la vittoria del 1974 diede un taglio preciso all’anticlericalismo profetico di Pannella, fino ad allora incentrato più sulla battaglia anticoncordataria.

Mellini aveva un senso pratico della politica, carattere scrupoloso, sarcastico, spesso irascibile, ma sempre mosso da un senso di spiccata concretezza.

Dopo il trionfo del referendum sul divorzio si dedica alla battaglia sull’aborto, che inflisse una seconda sconfitta storica al temporalismo politico democristiano. Con i suoi scritti Mellini svela gli scandali delle cause di annullamento della Sacra Rota e l’ipocrisia della giustizia canonica. Un impegno coraggioso il suo, senza timori né compromessi. E forse anche per questo diventò nel 1976 uno dei quattro primi deputati radicali (con Adele Faccio, Emma Bonino e Marco Pannella), restando alla Camera fino al 1992. Nel suo iter parlamentare è stato regista imprescindibile delle strategie istituzionali del Partito Radicale. Un intreccio di fatti e di esperienze che, molti anni dopo, nel 2018, raccoglierà in un libro intitolato “C’era una volta Montecitorio”.

Uomo libero, capace di elaborare una sintesi sempre al di fuori dai perimetri partitici, Mellini è stato il solo fra i dirigenti del Partito Radicale ad opporsi e a rompere in modo definitivo con il fondatore Marco Pannella, opponendosi senza alternative al blocco culturale del monopolio governativo democristiano e della corrispondente opposizione comunista. 

Nel 1993 è stato eletto in seduta comune membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura. Poi, negli anni a seguire, ha continuato il suo impegno in solitaria, attraversando il quarto di secolo post-Tangentopoli con una critica sempre più documentata e indipendente intorno al tema della tutela giudiziaria e, in modo particolare, sulla figura dei magistrati. 

Durissima la sua analisi su questo capitolo: “[…] della magistratura non fanno certo parte tutti i magistrati, né tutti quelli che ne fanno parte sono coscienti di tale appartenenza. Ne fanno parte anche dei “laici”, politici e politicastri e, soprattutto, giornalisti, in un ruolo, si direbbe, di “ausiliari”. In compenso questo partito della magistratura è egemone, oramai, rispetto alla magistratura nel suo complesso, anche in forza di un certo mal concepito spirito di solidarietà che vincola anche molti recalcitranti. Quelli che, oltre a non riconoscersi nel partito, ne avvertono il carattere abnorme e la pericolosità, sono pressoché totalmente emarginati, quando non preferiscono mimetizzarsi e rendersi irriconoscibili”.  

Molte di queste posizioni sono parte della prolifera produzione da editorialista e saggista di cui Mellini è stato autore, muovendosi su molti dei temi che hanno sempre animato il suo percorso politico. Tra i suoi testi più noti vanno ricordati “Così annulla la Sacra Rota” (1969) e “Le sante nullità” (1974), in cui il dirigente radicale svela le ipocrisie di tanti antidivorzisti che hanno fatto ricorso al divorzio per sciogliere i loro matrimoni. 

Non solo. Mellini è stato anche fondatore del movimento e, successivamente del periodico online, Giustizia Giusta. Un progetto dedicato ai problemi della giustizia in chiave garantista, ma anche alle legislazioni speciali, ai loro aspetti storici e ai cosiddetti pentiti, rispetto ai quali dedica numerosi libri: “Eminenza, la pentita ha parlato” (1982), “Una Repubblica pentita” (1984), “Il Giudice e il Pentito” (1986), “Nelle mani dei pentiti – il potere perverso dell’impunità” (1999). 

Nel 1987, invece, scrive “Norme penali sull’obiezione di coscienza”, un compendio della problematica giuridica di un settore nel quale Mellini è stato particolarmente impegnato come avvocato. E, sempre in questi anni, si schiera in prima linea a difesa di Enzo Tortora, il conduttore vittima di un’odissea giudiziaria che resterà nella storia italiana.

Tra le sue opere più di ambito politico vanno ricordate “Il Partito che non c’era” (1992), “Il golpe dei giudici” (1994), “Bancarotta Giustizia” (1994). E ancora: “Tra corvi e pentiti” (2004); “La fabbrica degli errori – Breviario di patologia giudiziaria” (2005). “Sta povera giustizia” (2008), una raccolta di tutti i sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli aventi come oggetto la giustizia. Infine, nel 2010, insieme ad Alessio Di Carlo, Mellini scrive “Lo scontro”, un’altra opera su temi di politica giudiziaria.

Morto a Roma nel 2020, Mellini è stato una figura integerrima e coerente, capace di una lotta per i diritti che non ha conosciuto sosta fino agli ultimi giorni della sua vita, promuovendo una giustizia all’insegna della laicità e della battaglia anticlericale. 

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