Passo dopo passo, in cammino verso il centro del potere isolano per protestare pacificamente contro l’inerzia della Regione dinnanzi alle condizioni di profonda povertà nelle quali versava la comunità di Ollolai, rivendicando la dignità del lavoro come unico mezzo per “estirpare la miseria dalle radici”. È questo lo spirito che animò nel 1964 la storica “marcia su Cagliari” di Michele Columbu, sindaco del piccolo centro barbaricino e protagonista di una delle proteste politiche più eclatanti nella memoria istituzionale della Sardegna.
Un’iniziativa, quella di Columbu, che richiamò la solidarietà di tutta l’isola, in modo particolare da parte del mondo agropastorale, per il quale l’amministratore militante si batteva in prima persona chiedendo nuove politiche da parte del Governo centrale, per risollevare le condizioni di arretratezza delle zone interne e montane. Nacque attorno a questa coraggiosa presa di posizione una sollevazione di massa che mise in luce le crepe dell’autonomia sarda, con richiami mediatici anche oltre il Tirreno.
Ollolaese di nascita (1914), Michele Columbu è stato un interprete centrale della storia politica sarda, e non solo sul piano istituzionale, bensì anche sul piano culturale, letterario e linguistico. Ma ancor più, è stato un innovatore del sardismo, colui che ha saputo indirizzare il partito verso sentieri più indipendentisti, salvandolo negli anni ’80 da una pericolosa marginalizzazione.
Il suo è un percorso fra il dentro e il fuori della Sardegna. Dopo gli studi medi e superiori a Nuoro, frequenta l’Università di Cagliari dove si laurea in Lettere classiche. Poco dopo inizia l’insegnamento nelle scuole medie, sempre a Nuoro, ma la sua carriera di docente venne presto interrotta dalla Seconda guerra mondiale, dove partecipò come ufficiale di cavalleria sul fronte russo.
Al termine di questa dura esperienza, rientrato in Sardegna, aderì al Partito Sardo d’Azione, ma nel 1948, pur con manifesto rammarico, non seguì Emilio Lussu nella scissione nel Partito socialista sardo (Columbu si dichiarò contrario alle politiche di alleanza lussiane) e poco dopo si trasferì a Milano, dove interruppe l’attività politica insegnando per circa un quindicennio nelle scuole superiori della Lombardia.
Ritorna nell’isola nei primi anni Sessanta, e riaccesa la sua vecchia militanza tra le fila del Psd’Az venne eletto sindaco di Ollolai. Un’affermazione che fu molto più di una vittoria. Tutta la popolazione ollolaese, infatti, considerava Columbu come “Su Professore”, stimandolo per la sua cultura, per il suo ruolo politico, per il suo carisma, ma anche per la sua capacità di essere perfettamente integrato e inserito nell’ambiente paesano. Abile nello stabilire relazioni con tutti, anziani, giovani, pastori, contadini, veniva apprezzato persino per il suo modo di vestire, e pure per la scioltezza nell’uso della lingua sarda, che da barbaricino padroneggiava magistralmente in tutte le sue varianti.
Nel 1970 gli giunse la proposta di una candidatura con il PCI, un invito che Columbu rifiutò per dedicarsi all’organizzazione dei pastori (rivestì un ruolo anche nel Centro Regionale di Programmazione, come esperto del mondo agropastorale), impegnandosi parallelamente per la crescita del suo partito. E proprio questa militanza sardista lo premiò con due mandati parlamentari: il primo a Montecitorio, nel 1972, il secondo dodici anni dopo, nel 1984, al Parlamento europeo, in seguito all’alleanza Psd’Az-Union Valdôtaine. Poi, la sua testimonianza nel partito continuò senza interruzione fino ai primi anni Duemila, considerato dalla base sardista come un leader di riferimento, quasi un patriarca.
Ma Columbu, oltre alla dimensione politica è stato anche un raffinato scrittore e un ironico affabulatore, con una dote di ironia tagliente, quell’ironia che trova fondamento nella tradizione umoristica sarda. In lui coincidevano armonicamente oralità e scrittura, due dimensioni comunicative che non sempre convivono insieme, eppure nel suo caso trovavano un’espressione fulgente, a tratti dai toni classici: Columbu parlava alla ragione ma anche al cuore.
Due le sue opere principali. La prima, “L’aurora è lontana dalla Sardegna”, pubblicata a Milano nel 1967, costituita da venti racconti la cui suggestione maggiore è il canto dolente sulle condizioni di Ollolai e della Sardegna interna. La seconda, invece, è “Senza un perché”, un romanzo uscito a Cagliari venticinque anni più tardi, nel 1992 (finalista nel Premio nazionale di letteratura Giuseppe Dessì): un’opera di alto livello sostanziale, con una scrittura creativa, figurata, ricca di metafore originali e similitudini accattivanti.
Ma la produzione letteraria di Columbu spazia anche in numerosi racconti, tutti in lingua italiana: “Guri e Nurilò: paesi di montagna”; “La strega di Gurì”; “La via della tanca”. E ancora, saggi di carattere politico: “Il fischio del pastore”; “Lettera su Orgosolo”; “Contro i petrolieri”; “Sardità e milizia politica di Emilio Lussu”; “Lotte sociali, antifascismo e autonomia in Sardegna”; “I veri sardi”; “L’autonomia vista da Milano”; “I veri sardisti”.
Tra le opere in lingua sarda troviamo invece due piccoli saggi: “Istados e nassiones e In chirca de una limba” e “Sardos malos a creschere”, un omaggio all’antropologo Michelangelo Pira.
Quello che emerge nelle opere di Columbu, al di là dei contenuti e della lingua utilizzata, è il linguaggio colto, carico di deflagrazioni umoristiche, impregnato di parabole, di simboli e di proverbi. Amava definirsi così: “un pastore per pura combinazione laureato”.
Muore a Cagliari, il 10 luglio del 2012, lasciando un’immensa eredità politica e letteraria, ma soprattutto, un’altissima testimonianza etica e identitaria. Un lascito culturale che ci aiuta a capire con più chiarezza la profonda essenza delle radici del popolo sardo.