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Cannas Aquilino

Cantore di una Cagliari incorniciata in un’epoca ancora scevra dagli assalti edilizi contemporanei e dalle contradizioni dello sviluppo economico, Aquilino Cannas è la controversa voce del cambiamento. Quella che emerge dai suoi versi, infatti, è una città divisa, a tratti saccheggiata dal progresso, deturpata dalla furia capitalista, a tratti disincantata. Una comunità oggi quasi del tutto estinta, dove resistono solo alcuni cenni di un passato romantico: gli antichi mercati, i paesaggi campestri riconoscibili oltre lo spazio urbano, la convivenza con la laguna di Santa Gilla, il popolo dei fenicotteri, o anche “Genti arrubia”. 

Ecco, Aquilino Cannas è questo, un poeta capace di disegnare in versi taglienti le transizioni del tempo, le ferite insanabili di una modernità calata dall’alto, forse mai del tutto accolta. 

Da una parte, la consapevolezza di un’identità cittadina non an-cora del tutto svelata – potessimo parlare di una cagliaritanità come veste culturale di appartenenza, Cannas sarebbe in questa visione il poeta di una città in cerca di una codificazione antropologica (voci, sentimenti, memorie, quartieri, oralità); dall’altra parte, l’esigenza di denunciare in modo netto e schierato lo strappo, l’abuso, la caducità di un trapasso storico governato da modelli economici e politici svuotati di radicamento e valori. 

Cannas è, dunque, il segno di una Cagliari che oscilla tra il sapersi ancora riconoscere e l’abbandonarsi alla spinta bulimica della globalizzazione. È l’aspro verso della molteplicità, che attingendo dalle remote viscere della città – strade, abitanti, quartieri, usi, dicerie – tesse una lirica rasoterra, espressione viva e spontanea di una comunità vissuta dall’interno, con occhi partecipi e passi che affondano come radici nel sottosuolo carsico del golfo mediterraneo.  

Del resto, nato nel 1914 nel quartiere Villanova, uno dei rioni più iconici di Cagliari, Cannas la sente sua in ogni fiato questa città, scegliendo per la sua poesia la stessa lingua della gente, il campi-danese, benché formulato in una variante più orale, o specificatamente cagliaritana.  

La vita del poeta, però, è un dedalo di esperienze che lo conducono anche altrove. Giovanissimo, nel pieno della sua carriera militare, partecipa alla guerra d’Africa e poco dopo alla Seconda guerra mondiale durante la quale fu fatto prigioniero, quando, nel 1943 il suo battaglione fu sconfitto in Tunisia dall’esercito inglese. Una disfatta che per Cannas e i suoi commilitoni costò la prigionia a Saida, in Algeria, ma che per il poeta cagliaritano si trasformò incredibilmente in una ricca occasione di studio, letture e scrittura. 

Terminata la guerra, al suo ritorno in Sardegna, Cannas iniziò a lavorare all’ERLAAS (Ente regionale per la lotta anti-anofelica, istituito nel 1946 per l’eradicazione della malaria nell’Isola), poi fu nominato economo alla Regione, dove rimase fino al suo pensionamento, nel 1972. 

La vita di Cannas corre su un doppio binario, accanto alla sua ordinaria attività impiegatizia prosegue infatti il suo percorso di scrittura, come poeta e come giornalista pubblicista. Direttore delle riviste S’Ischiglia (fino al 1990) e Nur, collabora con i principali quotidiani regionali, L’Unione Sarda (nota la sua rubrica “Ditelo in Sardo”), La Nuova Sardegna, Tutto Quotidiano, le riviste Gastronomia Sarda, Altaire e, in una postura spiccatamente sardista, il periodico Sa Republica Sarda. 

Negli anni ’80 conquista ambiti riconoscimenti letterari, tra cui il Premio Ozieri e, oltre il mare, il Premio Internazionale Taormina. Un’affermazione, la sua, che è sinonimo di impegno culturale, ma anche politico e linguistico, sempre però con una profonda coscienza civica rispetto ai temi più caldi dell’attualità che vive. Cannas, infatti, è stato protagonista della riqualificazione dell’Ippodromo al Poetto di Cagliari, attivista delle battaglie ambientaliste per contrastare la cementificazione selvaggia, promotore della rinascita della Festa di Sant’Efisio e sostenitore di tante attività in favore della lingua sarda e del bilinguismo nelle scuole.

Le sue poesie sono raccolte nei volumi “Arreula”, del 1976, e le sillogi “Disterru in terra”, del 1994, che Giovanni Lilliu definì poesia “suggestiva e penetrante, affidata a una precisa e talvolta preziosa ricerca linguistica”. Nel 1999 viene pubblicata “Ma-scaras casteddaia”, con l’appassionata introduzione di Giuseppe Podda che eleva e riconosce Aquilino Cannas come il “Cantori de Casteddu e di quel popolo rappresentativo e verace dei quartieri storici di Castello, Marina, Stampace e Villanova”, do-ve “luoghi e persone si intersecano in una traccia narrativa che diventa dinamica escursione nella vita e nella storia della città”. 

Originale e apprezzato è anche il volume di brevi prose in italiano, “Le bianche colline di Karel”, del 1972: una poetica affilata e irriverente in cui Cannas descrive lo smarrimento storico della sua città, le storture della modernità, il contrasto all’inquinamento petrolchimico e la dilagante speculazione edilizia. 

Muore il 29 maggio del 2005, lasciando in eredità una poesia di resistenza e, soprattutto, di profondo amore per l’identità della sua inseparabile Cagliari. 

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